Ci sono libri luminosi e sudici insieme.
Donna Luise Tartt, scrittrice statunitense nata nel 1963, vinse il Premio Pulitzer 2014 con Il cardellino. Molti anni prima, nel 1992, aveva pubblicato Dio di illusioni, che aveva già ricevuto un’enorme attenzione.
Siamo nel Vermont, negli anni Ottanta, in un college per ragazzi di buona famiglia. Richard, narratore in prima persona, nelle quasi 600 pagine del romanzo ricostruisce ciò che è avvenuto e cita immediatamente la morte di un altro ragazzo. Una morte non certo naturale. A differenza dell’Attimo fuggente, un richiamo che balza immediatamente in testa, qui la morte è subito dichiarata. E il lettore accompagnato a capire, o più verosimilmente cercare di capire, il perché.
I cinque ragazzi protagonisti frequentano i corsi per pochi eletti del professore di greco, carismatico e capriccioso, nel suo studio che è un inno alla bellezza ellenica. I classici li affascinano e li appassionano. La cultura, il sapere, il conversare… La ricerca del sublime e della contemplazione del divino sono per loro uno stimolo. Troppo forte, però. Un rito dionisiaco li porta oltre il limite e, da lì, non si può che degenerare.
I polsini inamidati con tanto di gemelli, appoggiati su un tavolo ricco di libri di letteratura classica, si accompagnano ad alcol, droghe e, soprattutto, distacco, indifferenza, cinismo, snobismo. Un’atmosfera maledetta e romantica, che sa tanto di gotico e che caratterizza l’estetica della dark academia, aspetto che ha riportato alla ribalta questo libro grazie all’attenzione ricevuta su tik tok.
Il tono del thriller sostiene la trama del romanzo di formazione, esaltando pagina dopo pagina la contrapposizione tra ciò che è puro e ciò che è sporco, tra ciò che è fredda intelligenza brillante e ciò che è un goccio di bontà di cuore. Anche se, forse, un po’ meno brillante.
Donna Tartt, Dio di illusioni, Rizzoli, 2022 (prima ed. italiana RCS Libri & Grandi Opere, 1992)
Traduzione: Idolina Landolfi
Edizione originale: The secret history, Alfred A. Knopf, USA, 1992



